Il “valore” simbolico delle parole

Ascoltarsi per cogliere le proprie metafore.

Soffermarsi e condividere il significato qualitativo delle parole porta a una comprensione di “noi” nel mondo e contemporaneamente annulla i possibili fraintendimenti che inevitabilmente determinano un giudizio.

Nel nostro immaginario, ad esempio, cosa evoca la parola aggressività?

Per la maggior parte delle persone è paragonabile alla rabbia o alla violenza.

Aggressività, invece, dal latino aggressus, participio passato del verbo aggrĕdi, significa andare verso le cose, un luogo e/o una persona: “cammino per andare verso…” è una qualità, ossia ci vado con veemenza o in punta di piedi.

Ecco che l’etimologia di questa parola non è più rappresentativa di ciò che ci abbiamo costruito sopra, ma può essere indicativa di una valenza positiva, in quanto legata all’energia vitale, a una forza fondamentale per la sopravvivenza dell’essere umano che lo spinge a non sacrificare, nell’incontro con il mondo, i propri bisogni individuali (psicoterapia della Gestalt). 

L’aggressività, secondo Perls, è un’attività auto-affermativa con cui l’io (non più visto come un’istanza ma come una funzione dell’organismo) può assimilare o rifiutare l’ambiente, a seconda che esso sia nutriente o nocivo.

Dunque, indossare le parole nel modo giusto equivale a osservare come ci “muoviamo” dentro di noi e a prendere coscienza di cosa accade al nostro “sentire” nella relazione con l’altro.

Prendiamo, ad esempio, un altro vocabolo: “istintivo”.

Istintivo non è uguale a impulsivo. 

Anche in questo caso i due termini vengono spesso confusi. 

L’istinto è quella forza interna sconosciuta alla parte cosciente che ci porta esattamente dove dobbiamo andare, l’impulso è il “troppo pieno”, la pentola a pressione che scoppia, l’emozione trattenuta che fuoriesce in maniera incontrollata.

Pertanto, come ci definiamo è importante: le parole hanno un significato proprio e una vibrazione nella loro originaria derivazione.

È grazie alle parole che l’ansia e le tensioni interiori divengono energia vitale.

È con la chiave simbolica dei vocaboli che possiamo vivere le “esperienze” passate, presenti e future depurati da una valutazione di ciò che è bene e di ciò che è male.

La parola “cura” e “impoverisce” a seconda della comunicazione che mettiamo in atto con il linguaggio.

Il corpo si manifesta attraverso la parola!

Le parole generano azione e possono, dunque, “nutrirci” o colpirci dritto nei nostri vissuti più intimi e ferire la nostra delicatezza dell’anima.

Saper usare un linguaggio ricco di parole rispettose, accoglienti, delicate, amorevoli rivelerà a noi stessi la possibilità che abbiamo di “essere” veramente e ci permetterà di soffermarci sull’effetto che le parole hanno verso l’esterno: il nostro interlocutore.   

Rieducare al significato etimologico delle parole significa apportare al nostro vivere quotidiano “ben-essere”, entrare in relazione con il nostro centro e con l’esterno.

Ognuno di noi è sceneggiatore della propria storia, il linguaggio è al nostro servizio per dare forma ai nostri pensieri e cibare la nostra mente, scegliamo di essere scrittori della nostra pagina di vita, affrontiamo i nostri limiti attraverso messaggi adeguati, positivi e funzionali.

Stimoliamo l’intelletto a fare un inventario delle parole da usare, ogni comunicazione non è mai neutra, siamo noi i generatori di intenzioni di valore, e l’altro, sarà così trasformato, egli stesso, dal nostro incontrarlo nelle parole di benvenuto.

In tal senso, le Neuroscienze ci sono d’aiuto per comprendere meglio come il cervello reagisce a seconda degli input (le parole) che gli forniamo. I vocaboli, infatti, agiscono su di esso stimolando la secrezione di diversi ormoni. Ad esempio, l’esposizione continua a parole e frasi negative, come la parola “No” stimola il rilascio di cortisolo l’ormone deputato allo stress, viceversa, l’utilizzo di espressioni positive attiva una reazione neuronale a catena che ci spinge all’azione.

Il nostro cervello non è organizzato per codificare ed elaborare le negazioni in quanto sono un concetto astratto; quindi, per comprendere una negazione dobbiamo immaginare la parola che esiste e poi negarla. Tutto ciò è un dispendio di energie e risorse mentali.

Tutto sta nella parola… Tutta un’idea cambia perché una parola è stata cambiata di posto, o perché un’altra si è seduta come una reginetta dentro una frase che non l’aspettava e che le obbedì… Hanno ombra, trasparenza, peso, piume, capelli, hanno tutto ciò che si andò loro aggiungendo da tanto rotolare per il fiume, da tanto trasmigrare di patria, da tanto essere radici sono antichissime e recentissime” – Pablo Neruda -.

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